
Nel lontano passato la conoscenza delle lettere e della scrittura era riservata a pochi iniziati e continuò ad essere così per molto tempo. Furono gli scribi al tempo degli egizi ad avere la possibilità di padroneggiare la scrittura e, quindi, anche il valore numerico-simbolico di essa. Scrivere era considerato un atto sacro e magico, perché saperlo fare andava a simulare ciò che Dio soltanto poteva esercitare: dare forma ad un qualcosa nominandolo e portandolo dal piano delle idee a quello manifesto.
E’ risaputo come nella Bibbia sia scritto che Dio abbia dato vita alle cose semplicemente formulandone il nome. Questo Dio creatore, definito Verbo in termini cristiani, venne tradotto in greco con il termine “Logos”, che possiamo tradurre come “principio ordinatore capace di manifestare la creazione mediante la parola”. Questo vocabolo deriva da “Leghein”, parola alla quale sono attribuiti i significati di “raccontare, nominare, contare, enumerare e computare”. Nominare, secondo queste conoscenze antiche, corrisponde all’attribuire senso fisico alle cose, a farle esistere. Poterle scrivere conduce al poterle sviscerare nella loro essenza: dal suono, semplice vibrazione invisibile, fino ad un piano fisico visibile e manifesto.
Eva e Romina